La donna senza tempo

Antonella Cappuccio

La donna senza tempo di Antonella Cappuccio evoca, dal punto di vista fisiognomico, le Madonne di  Luca Della Robbia, un artista presente nei luoghi del Casentino in provincia di Arezzo. Le evoca nella figura, nell’espressione, nei tratti somatici. Il paesaggio scelto e che appare di sfondo alla figura femminile, cromaticamente rievoca l’arte rinascimentale. In particolare, appare il Castello di Romena,  il più antico della valle, che ha ospitato in passato Dante e Gabriele D’Annunzio e dal cui prato lo sguardo si perde in una vista mozzafiato.

Sia il luogo che il volto della donna lasciano intravedere situazioni senza tempo, riconducibili alla donna italiana, donna  per tutte le stagioni, dal 1400 fino a giungere a oggi in quel tratto di nobiltà e di spiritualità che contraddistingue la donna nella sua migliore espressione. Anche nella scrittura femminile che noi abbiamo intenzione di raccogliere, si farà testimone di forti valori affettivi.

Il libro tenuto nelle mani femminili, ci donerà mille e più ricordi. Il primo di questi è scritto da una figlia in onore del padre, Bruno FIORINI, un uomo del Novecento.

L’immagine è riprodotta da tre colori diversi con la loro valenza simbolica: il Blu, il colore del cielo, riporta al padre. Il verde, il colore della natura, riconduce alla madre. Il rosa è il futuro e la positività in cui va visto. C’è una necessità morale di nutrirci e nutrire i lettori di valori, sentimenti, speranze.

 

ANTONELLA CAPPUCCIO – Narrata da sé medesima

(biografia dal suo sito ufficiale: www.antonellacappuccio.net)

Sono nata due volte.
La prima, nell’isola d’Ischia, imperante la mutevole e tenace costellazione dei Pesci. Almeno per chi ci crede.
Comunque, di certo sempre pronta a cadere in tentazione, nel bene e nel male. Soprattutto nel bene, decisi poi.
La seconda volta sono nata diciassette anni dopo a Roma, in casa Cecchi.
Per molto tempo ho studiato con Maria Baronj e Dario Cecchi entrambi costumisti, devo a loro la mia formazione artistica e culturale.
Antonella CappuccioDario inoltre era scenografo e pittore scrittore. Furono i miei primi “maestri d’Arte” e con loro iniziai a lavorare in cinema e teatro.
Dapprima come assistente, poi verso i ventitré anni, come costumista. Ebbi la fortuna di lavorare con il fiore del teatro italiano, da Pierluigi Pizzi a Danilo Donati, da Maria De Matteis ad Ezio Frigerio, da Luigi Squarzina a Daniele D’Anza e poi Orazio Costa, Edmo Fenoglio, Silverio Blasi, A.Giulio Majano, Lina Wertmuller, Paolo Poli.
Poli sarebbe poi venuto in incognito alla mia prima mostra per litigarsi-signorilmente come suo costume un quadro citazionalista botticelliano con Goffredo Parise. Per inciso, in omaggio al vecchio adagio, il dipinto andò ad un terzo, cioè Idalberto Fei.
Intanto parallelamente alla passione per il costume di Teatro, nacque in me, a poco a poco, l’amore per la Pittura. Anche in questo campo Dario Cecchi mi fu prezioso ed indimenticato maestro, mi guidò in un profondo ed accurato studio di Mantegna, Botticelli, Raffaello, Bellini da cui avrei poi maturato la tecnica del rigatino, iniziandomi ai segreti della sezione aurea.
Ho cominciato ad esporre nel 1976.
Dopo sei anni di bigamia artistica, ho detto addio ai costumi.
Dal 1985 ho fatto parte del movimento chiamato “Nuova Maniera Italiana”. Solo nel 1994, il desiderio di solitudine, di una ricerca più personale ha preso il sopravvento sullo spirito di gruppo, ed ho ripreso la mia strada.
Due anni dopo ho iniziato a lavorare ad un nucleo tematico sui costumi di scena.
E così di rappresentazione in rappresentazione, di incantamento in incantamento, per quelle strade inevitabili che sono la ricchezza (ed un po’ anche la civetteria) di chi fa un lavoro creativo, mi sono trovata al centro del Labirinto. La Pittura Sacra. Prova difficile e delicata, circostanza che in ogni mito richiede un Grande Aiutante. Che si è palesato nei panni di un essere raffinatissimo di spirito e d’arte Mons. Paolo De Nicolò.
Se ho avuto talento in dono, e in quale misura, non sta a me dirlo. Posso solo ringraziare… Quello che posso dire è che, se questo regalo l’ho avuto, l’ho coltivato minuto per minuto, con una caparbietà ed una passione d’amore simili ad una sempiterna ossessione.