Il premio è “nato” in Casentino dalla felice intuizione di Lorena Fiorini e Anselmo Fantoni.
Come definire in poche parole il Casentino? C’è chi ha proposto di chiamarlo la Valle dello Spirito e come dargli torto? Sono tanti gli edifici religiosi sparsi nel territorio: i monasteri come Camaldoli, i conventi come quello francescano della Verna, le badie vallombrosane come San Fedele di Poppi, i santuari, le pievi romaniche, le semplici priorie e le cappelle. Non meno numerose le edicole ai bordi delle strade, con l’immagine della Madonna e dei Santi, effigiati nelle celebri terracotte robbiane, ingaggiati dietro ricompensa di un fiore. Qualcuno ha preferito dare risalto alle foreste di Camaldoli, di Campigna, di Badia Prataglia, le più vaste d’Italia. Le piantate di abeti si alternano con i boschi di faggi, di castagni e d’infinite altre specie vegetali. Tutti questi alberi imponenti e le piante fruttifere, i folti cespugli e le umili erbe dei prati giustificano appieno il titolo di Valle Verde, attribuito al Casentino. I turisti restano colpiti dallo spettacolo dei castelli, delle torri, dei borghi fortificati che dalle alture strategiche dominano il territorio. Pur avendo una storia già ricca prima del Mille, il Casentino ha acquisito nel Medioevo i caratteri che lo distinguono ancora oggi, in particolare nella fase dell’incastellamento. Merita perciò anche l’epiteto di Valle dei Guidi, benché i monaci e i Vescovi aretini abbiano conteso ai conti Guidi il titolo di domini loci, finché Firenze, nel 1440 non li soppiantò nei loro domini. Non sbagliano neppure quanti ripiegano sul vecchio nome Alta Valle dell’Arno. È infatti il fiume dal letto infossato, nato dal Falterona, a plasmare il Casentino, grazie ai torrenti che allegramente confluiscono in esso. Lo intuì Dante Alighieri, che in bocca a Mastro Adamo ha messo i famosi versi:
Li ruscelletti che di’ verdi colli del Casentin discendon giuso in Arno facendo i lor canali freddi e molli sempre mi stanno innanzi …
E questa è l’immagine che si portano dentro i Casentinesi costretti a vivere lontano dalla loro valle: un’immagine carica di nostalgia.
Le pievi romaniche
Fra le tracce del periodo romanico emergono le grandi pievi, situate sulle principali strade medioevali.
Pieve a Socana, non lontana da Rassina. La località è diventata famosa perché ha accolto diversi culti legati fra loro in una sequenza fantastica. Il primo culto è attestato dal grande altare etrusco in pietra arenaria, costruito nel V secolo a. C. sulla terrazza rivolta a est. In direzione opposta si è sviluppata, fra il XII e il XIV secolo, la pieve di Sant’Antonino. Della bella Pieve di Romena si dirà più avanti.
MONASTERI E CONVENTI
All’interno delle foreste storiche casentinesi, su un antico sentiero che congiungeva il Casentino alla Romagna, sono situati l’Eremo di Camaldoli (1105 metri s.l.m.) e il Monastero omonimo (300 metri più in basso). Rappresentano da soli tanta parte della storia dell’Alta Valle dell’Arno, da quando il benedettino san Romualdo li fondò, all’inizio del secolo XI coll’intento di congiungere la vita contemplativa con la vita attiva.
Centro della spiritualità francescana è il Sacro Monte della Verna, in cui il poverello di Assisi ricevette le stimmate nell’anno 1224. La memoria di san Francesco rivive nel groviglio dei massi al cui interno volle trascorrere in letizia periodi di dura penitenza. La basilica costruitavi accanto con il contributo della fiorentina Arte della Lana, conserva alcuni capolavori dei Della Robbia, disseminati anche in altri ambienti dell’insigne convento: dalla piccola chiesa di Santa Maria degli Angeli, alla Cappella delle Stimmate.
I BORGHI E I CASTELLI
La notizia tramandata dal Villani, secondo cui, dopo la battaglia di Campaldino (11 giugno 1289) i guelfi fiorentini distrussero oltre 40 castelli dei ghibellini alleati con Arezzo, induce a immaginare il territorio casentinese presidiato da innumerevoli torri fortificate. Di alcune rimangono le memorie in molti ruderi oggi nascosti da un’arruffata vegetazione, di altre la presenza delle loro pietre riutilizzate in costruzioni tuttora imponenti. Limitandoci a queste, ricordiamo che alla prima fase dell’incastellamento, cioè al periodo anteriore al 1050, appartengono Castel Castagnaio, Porciano, Romena e Bibbiena. Alla terza fase dell’incastellamento, che si colloca cronologicamente nella seconda metà del secolo XII, appartengono Castel San Niccolò, sopra Strada, e il castello di Poppi.
Il castello di Poppi, senza dubbio è il meglio conservato, anche perché, dopo la cacciata del conte Francesco Guidi nel 1440, è rimasto per secoli la sede del vicario fiorentino. È sicuramente questo castello con il magnifico borgo, costruito ai suoi piedi, che conviene visitare per avere un’idea di un mondo che ci portiamo dentro in maniera inconsapevole.
PARCO NAZIONALE DELLE FORESTE CASENTINESI
Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, istituito nel 1993, si estende per circa 36.000 ettari lungo il crinale appenninico tra le province di Arezzo, Firenze e Forlì. Il territorio è coperto da boschi e foreste di abeti, faggi e castagni monumentali per l’80% della sua estensione, tra i più estesi e meglio conservati d’Italia. Nel Parco sono comprese zone di alto valore naturalistico come la Riserva naturale integrale di Sassofratino e quella de La Pietra, aree protette ad evoluzione spontanea entro le quali è consentito l’accesso solo per motivi di studio e su autorizzazione. Di grande interesse anche il patrimonio faunistico con oltre 160 specie di vertebrati. Sono tornati stabilmente il lupo e l’aquila reale, oltre a consistenti popolazioni di cervi, caprioli, daini e cinghiali. Le foreste e i numerosi ambienti naturali fanno da cornice ai segni di millenaria presenza dell’uomo: borghi, mulattiere e soprattutto i due santuari, di assoluto fascino sopra citati, come Camaldoli e La Verna. I due piccoli comuni limitrofi Pratovecchio e Stia, in seguito al referendum dell’ottobre 2013, si sono unificati con la nuova denominazione di ‘’Pratovecchio Stia’’, per unire le forze e integrarsi nei servizi.