I PREMI DELLA SECONDA EDIZIONE, SEZIONE POESIA” PREMIO LETTERARIO “DONNE TRA RICORDI E FUTURO” 2015
Primo premio a Rita Muscardin “La storia di noi due… (a mio figlio) E mi ritorna ancora, nei crepuscoli delle mie ore ricamate di silenzi, quel tuo sorriso che mai non vidi. Quando trascolora il cielo sopra l’orizzonte, laggiù dove lo sguardo si perde verso la rotta sconosciuta dell’ultimo tramonto, un gabbiano appare a disegnare voli d’infinito. Sei nato come un sospiro di vento in una notte ubriaca di stelle, quando il canto del mare era una carezza sulle onde e si salpava con il cuore sulle vele robuste mentre si dilatavano le ore della gioia. Ma breve fu il tuo passo nel giorno, un affaccio sulla soglia del mondo e poi, improvvisa, s’abbassò la sera. Sei in un altro tempo e riposi all’ombra di remote stelle, ma nel cielo si è spezzato l’incanto e il mio petto è un sepolcro di lacrime. Sono rimasta sola nel grembo del mondo a raccontare la storia di noi due adesso che nulla è il tuo respiro e dal silenzio non rispondi, non puoi. L’amore non si ferma, né si dilegua lo strazio e stilla il dolore goccia a goccia. Ma quando un raggio di sole oltre le nuvole sfiora il mio viso e un sussurro di vento è come l’eco di una voce lontana, sei tu a dirmi che ancora sei, non pallida ombra fra le nebbie, ma scintilla di luce accesa d’immenso. Rita Muscardin La vita Scrivere è stata da sempre una passione, ma è solo qualche anno che ho iniziato a partecipare ai concorsi letterari di poesia e narrativa ottenendo diversi primi, secondi e terzi premi e altri risultati che mi hanno incoraggiata a proseguire e dedicare alla scrittura buona parte del mio tempo libero. Le mie poesie e i miei racconti nascono anche dalla riflessione su episodi gravi e drammatici che purtroppo la cronaca quotidiana offre: in particolare mi colpiscono tutte le situazioni che vedono protagonista l’infanzia, troppe volte vittima di orrori e violenze che spesso nascono dall’indifferenza e dall’ignoranza. Da qui il racconto “La Sposa Bambina” e la poesia “Storia di un Bambino Soldato” per dare voce a chi non ce l’ha. Collaboro da diversi anni a una rivista di padri cappuccini con approfondimenti su temi di carattere spirituale e scrivo anche per un giornale pubblicato da un’associazione di esuli delle terre d’Istria e Dalmazia, i miei genitori sono infatti profughi di quella regione ceduta dall’Italia alla Jugoslavia alla fine della seconda guerra mondiale. Amo il mare e sono appassionata di pesca, nuoto e immersioni che pratico nelle splendide acque delle isole dove sono nati i miei genitori. Amici e compagni inseparabili di tante avventure sono tre Labrador, un cagnolino tipo Breton, un anziano incrocio con mezzo mondo canino e due inseparabili cagnoloni di taglia grossa, uno incrocio lupo e l’altro rottweiler. Infine non mancano anche due gatti trovati per caso… La storia Le mie poesie sono nate da esperienze personali e nei versi ho cercato di raccogliere ed esprimere sentimenti, emozioni, ricordi per consegnarli alla memoria, prima che il tempo possa far scivolare su di loro un velo d’ombra. “La storia di noi due (a mio figlio)” è un canto d’amore e di dolore per il figlio che mio marito ed io abbiamo perduto poco prima di poterlo stringere fra le braccia: dopo quella tragica circostanza ho iniziato a scrivere poesie, la prima che ho composto, “Una carezza di luce”, come questa era dedicata al nostro bambino e ha vinto il primo premio ad un concorso di poesia religiosa. Così ho continuato a scrivere poesie e non ho più smesso, mi piace pensare che questo mondo nuovo che ho scoperto sia un dono che il mio piccolino mi ha fatto da lassù. In questo modo io lo tengo stretto nel mio cuore, l’amore è il filo indissolubile che lega la mia terra al suo Cielo dove un giorno lo ritroverò… La giuria Il grande dolore è vissuto con profonda partecipazione; un dolore reso sopportabile dalla sensibilità del poeta che vede nel mondo che lo circonda un messaggio e un afflato che supera il vuoto della scomparsa e carpisce la scintilla di luce che illumina il cuore di una madre. Secondo Premio a Grazia Frisina “Nonno Vito” Nonno Vito Il pomeriggio sonnecchia nella mezza luce E’ passato l’angelus domini La piazza: una sentinella – fiacca fontana due sghembe panchine e una palma tronco graffiato dal vento foglie larghe come varchi per il paradiso Un vecchio seduto: tremolio alle mani spalle a puntellare una casa le fondamenta di una vita fissa il cielo pressante di blu. Un cenno un saluto quasi – perché sa che gli è amico Non l’ha tradito. Mai. Neppure con le catene ai polsi e le bombe contro il tetto Un gatto gli strofina addosso Mi siedo che sono bambina Mi stringo a lui e lui m’abbraccia Mi chiama. Raziè!. Talia – dice – guarda là alla fine della strada. Col dito mi segna la campagna e gli ulivi. E quello che è dopo e dopo ancora. Col dito Solo col dito. Tremante Grazia Frisina La vita GRAZIA FRISINA. Di origine siciliana, ha vissuto fino al 1990 a Torino, per trasferirsi poi in Toscana, dove tuttora vive. Ha insegnato per molti anni nella scuola secondaria di secondo grado. Ha pubblicato tre raccolte poetiche: Dell’imperfetto sentire (2006), Foglie per maestrale (ed. Il caso e il vento, 2009), Questa mia bellezza senza legge (ed. Sassoscritto, 2012) e il romanzo A passi incerti (Pagliai ed. 2009). La storia Un componimento dedicato alla mia infanzia in Sicilia e, in particolare, a mio nonno materno, nonno Vito appunto, all’epoca in cui lui, mentre sedeva all’ombra di un albero, mi catturava con i racconti della sua vita passata, nell’avvicendarsi naturale delle stagioni tra dolori e gioie, tra speranze e disincanti. Il confino a Ustica per il suo credo antifascista, la guerra, l’incontro delicato con la sua futura sposa, mia nonna Nina, l’arrivo da emigrante a New York. La giuria: E’ una poesia che raggiunge in alcun i versi uno struggente sentimento d’amore. Tra le righe si regge il dolore del ricordo vissuto con pacatezza e malinconia. E’ un viaggio che continua con l’unione mai interrotta tra nonno e nipote. Terzo premio a Sabrina Lembo “Il ponte di ferro” A: Clorinda Falsetti, Italia Ferracci, Esperia Pellegrini, Elvira Ferrante, Eulalia Fiorentino, Elettra Maria Giardini, Concetta Piazza, Assunta Maria Izzi, Arialda Pistolesi, Silvia Loggreolo. Trucidate dai nazifascisti il 7 aprile 1944 Tra i rumori di questa città immobile resta il ferro, sopra lo scorrere senza tempo del fiume Tevere. E’ un ponte di ricordi insanguinati che corrono lungo il ferro della nostra memoria. Il ponte di ferro ha il sapore del sangue rosa e l’odore della polvere nera. Dalle acque di quel lavacro si odono ancora dieci voci gentili che urlano la pietà innocente della fragilità umana. Urlano fame, urlano fuoco, urlano sangue,
urlano morte.
Sono voci strozzate
affogate
nel fiume rosso,
di bestie portate al macello.
Sono voci che muoiono ancora
nell’indifferenza muta
di chi frettoloso passa
su quel ponte di ferro.
Sabrina Lembo
La vita: Sabrina Lembo (Roma, 1980) di origini molisane, Presidente dell’Associazione Culturale “Un lembo di…”, è scrittrice, recensionista, critica e traduttrice di numerosi testi dallo spagnolo all´italiano, tra cui What(ts)appa Piropoemi per cellulare di José Maria Paz Gago (Aracne, 2014). Imprenditrice nel settore oleario, da anni si occupa di progetti culturali internazionali, unendo l’ambito culturale all’amore per la terra e per le proprie tradizioni. Collabora con l´Università degli studi di Roma Tre, dove ha insegnato letteratura spagnola. E´autrice del testo Llanto por Ignacio Sánchez Mejías di Federico García Lorca. Traduzioni a confronto, (Aracne, 2013) e in ambito poetico della raccolta “Sentire” (Pagine, 2014), “Froitos do tempo” (Edicións Embora, 2015).
La storia: “Il ponte di ferro” è una lirica che si tinge del dolore della guerra e del sangue dei nostri avi. E’ il sangue di dieci donne romane che il Venerdì di Pasqua, il 7 aprile del 1944, stavano attraversando il Ponte dell’Industria in zona Ostiense, noto a tutti come il Ponte di ferro. La fame, la necessità, la guerra avevano spinto queste dieci donne ad attraversare il ponte per recarsi al forno Tesei, che riforniva le truppe di occupazione nazifasciste. Quelle dieci donne, sorprese dai soldati nazisti con pane e farina, vennero fatte allineare lungo le transenne del ponte e barbaramente fucilate. L’eccidio si inserisce nel contesto storico creatosi a seguito di un’ordinanza che aveva ridotto a 100 grammi la razione giornaliera di pane destinata quotidianamente ai civili. Per oltre cinquant’anni, questo episodio è rimasto nel dimenticatoio, fino a quando l’ex partigiana Capponi, attraverso ricerche ed informazioni ha ridato i nomi a queste dieci donne trucidate: Clorinda Falsetti, Italia Ferracci, Esperia Pellegrini,Elvira Ferrante, Eulalia Fiorentino, Elettra Maria Giardini,Concetta Piazza, Assunta Maria Izzi, Arialda Pistolesi, Silvia Loggreolo. In una città frenetica come Roma, tra il traffico indifferente di chi quotidianamente attraversa il Ponte dell’Industria, senza sapere, senza conoscere, senza ascoltare il dolore che ancora urla da quel luogo della memoria, solo resta inerme il ferro.
La giuria: Ripercorre con tratto preciso una temperie di sopraffazioni di dolore, di repentini distacchi. Tutto viene descritto, nella sua crudezza, con pietosa ed affettuosa eleganza. E’ un inno alla vita stroncata e un anelito di speranza perché mai più si ripeta una tale barbarie.
Bello l’appello al viandante frettoloso perché si fermi a sentire le voci che presto saranno stroncate, come un estremo addio alla vita e agli affetti.